Sanremo 2021
Sono circa quattro settimane che è finito Sanremo 2021.
Gli argomenti di discussione sarebbero tanti, concorrenti inadeguati con canzoni mediamente scadenti, inutili mascherine all’orchestra tamponata mentre conduttori e ospiti stavano appiccicati come ventose sul vetro. Quindi non dirò nulla visto che "i tempi sono cambiati" e per evitare di fare "discorsi da anziano" preferisco occuparmi di qualcosa che mi sta a cuore.
In questi mesi ci siamo chiesti come mai il governo non si fosse mosso per tempo in soccorso di una categoria che sta in mutande da fine Febbraio 2020: ad oggi 13 mesi senza lavoro.
Abbiamo letto di tutto su questo argomento, siamo arrabbiati e forse quasi rassegnati visto che essendo senza nessun tipo di rappresentanza degna di questo nome (come per es. i ristoratori, i baristi, gli albergatori etc), non siamo MAI presenti in NESSUN CONTENITORE MEDIATICO. E se vogliamo dire la verità senza prenderci in giro, nessun governo della Repubblica Italiana dal 1946 ad oggi ha mai dimostrato di occuparsi seriamente della musica e dell'arte. Anche nell'immaginario collettivo "fare musica" non è considerato un lavoro dalla stragrande maggioranza dei nostri connazionali. (Suoni? Che figata, e di lavoro che fai?)
Arriva il Sanremo a tutti i costi, una buona occasione per accendere finalmente i riflettori.
Da cinico penso che non succederà nulla, da ottimista spero in 5-10 minuti tra le 21:00 e le 22:00, quando la gente a casa è ancora viva, dove sia i conduttori che alcuni rappresentanti di categoria (musicisti pop, musicisti classici, backliner, light designer, fonici, addetti alla produzione, addetti ai lavori), possano finalmente spiegare cosa sta succedendo, in che tipo di situazione si trovano le migliaia di persone che all’improvviso si sono visti a casa senza lavoro. E invece solo un sacco di gag da villaggio vacanze di terza categoria e inutili interviste a Ibra-Botteri-Palombelli-Tomba-attori-attrici-modelle. E già, guai a parlare di una cosa seria alle 21, il rischio è che i telespettatori si rompano le palle cambino canale e gli sponsor si incazzino.
Ad un certo punto mi accorgo che Stato Sociale, Francesco Pannofino ed Emanuela Fanelli, con un coup de theatre si mettono a parlare dei lavoratori dello spettacolo … bene dico io. Mentre ascolto, guardo casualmente l’orologio e mi accorgo che sono le due meno un quarto del giorno dopo; il festival di sanremo parla di un argomento così importante alle DUE MENO UN QUARTO quando la maggioranza della gente è a letto che dorme da un pezzo. Per quello che vale posso solo esprimere il mio disprezzo sia per chi ha deciso quella collocazione temporale, che per i fenomeni della produzione che hanno detto:
“buona idea fare il pezzo “lavoratori dello spettacolo nella merda” alle 01:45”.
Ovviamente il giorno dopo sui media troppo occupati a scrivere delle piume e le lacrime di Akille Lavro, non più di due righe.
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Quindi la domanda è:
se la manifestazione televisiva (qui rappresentata da i produttori-sceneggiatori-registi-presentatori-mattatori), che si vanta di essere l'evento musicale più importante d’Italia, mostra questo tipo di indifferenza e mancanza di rispetto per tutti i lavoratori che permettono il funzionamento della trasmissione stessa, come possiamo pretendere che il governo, un governo qualsiasi, possa occuparsi di noi?
Questa cosa è stata la più vergognosa del festival. Dei cantati incapaci e delle canzoni di quarta in realtà non me ne frega niente, il tempo farà il proprio lavoro e cancellerà tutto ciò che si è rivelato inutile, come è sempre stato.
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P.S.
Sicuramente ci saremo incrociati e salutati qualche volta dietro le quinte di qualche spettacolo o in qualche studio televisivo, ma non ricordo di aver mai parlato con Stefano D’Orazio. Il fatto che il Festival di Sanremo non abbia trovato 5 minuti in 5 giorni per ricordarlo, aggiunge disgusto alla vergogna.
Noi musicisti … noi?
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Il mio libretto ENPALS è del 1975, la partita IVA del 1982. Sono sempre stato un po' per conto mio in perfetto stile genovese, e anche se per due anni è mezzo ho vissuto e lavorato a Londra, non mi sono trasferito a Milano non ho mai "bazzicato l’ambiente" e avendo investito tutto su me stesso, grazie al passaparola ho sempre lavorato. Mi considero molto fortunato perché forse sono riuscito guadagnarmi due grammi di rispetto professionale, perché mi è rimasta la passione e sopratutto perché credo di essere riuscito a coltivare - tra i musicisti - dei veri amici.
In tutti questi anni di soddisfazioni esaltanti e delusioni cocenti ho capito poche cose, ma quelle poche sono abbastanza chiare:
noi musicisti in generale non siamo una bella razza e forse non è nemmeno tutta colpa nostra. I posti a sedere al tavolo degli invitati sono contati, noi siamo in tanti e quindi se ti vuoi sedere devi far alzare qualcuno. In generale tutto questo comporta gelosie, invidie, ipocrisia, offerte al ribasso, e molti sarebbero disposti a passeggiare su un parente per poter arrivare a quel tavolo.
Non siamo come i tre moschettieri, non lo siamo mai stati - sarà colpa dell'ego - ed è probabilmente per questo motivo che non è mai nato un sindacato vero, qualcuno che aiuti quelli che per mille motivi ad un certo punto non ce la fanno, o che dopo un tour o un progetto qualsiasi rimangono a casa per mesi.
Qualcuno che ci difenda dai dilettanti che nonostante il loro posto fisso con ferie pagate vanno a suonare per hobby mettendola nel secchio a chi fa il musicista per vivere. Qualcuno che dica al committente “belin, non puoi offrire €70 euro lordi agli orchestrali che devono fare 10 ore di prove al giorno per 30 giorni, e che poi si esibiscono in un programma dove gira un mare di grana”. Qualcuno che prenda per un orecchio quelli che sono sempre andati a lavorare per una miseria, facendo un danno ai colleghi che per dignità avevano rifiutato quel lavoro perché sottopagato.
No, niente di tutto questo … ogni musicista fa il battitore libero, quando lavora pensa per sé, si fa i selfie con l’artista e magari si abbona pure a Spotify che ad ogni streaming calpesta i diritti di tutti noi.
È per questo che faccio fatica a condividere l'improvvisa indignazione generale riguardo la sottovalutazione da parte del governo verso noi musicisti, visto che nessun governo di questa repubblica dal '46 a oggi se ne è mai occupato. Nessuno ha mai lontanamente pensato di supportare in qualche modo un musicista indipendente magari con partita iva e momentaneamente in difficoltà. O che volesse - per esempio - fare investimenti per stare al passo coi tempi e per migliorare se stesso. Nessuno.
So che se lavoro guadagno, che devo pagare iva e tasse (anticipi inclusi) per un futuro di cui non so nulla, e se non lavoro sono affari miei. Anzi no, se non lavoro devo "dimostrare che non lavoro" perché altrimenti lo stato non mi crede.
Quindi direi di approfittare del periodo covid per fare un bell’esame di coscienza collegiale; se vogliamo davvero cambiare le cose mettiamoci d’accordo su come il lavoro del musicista dev’essere gestito, retribuito, considerato, e poi eventualmente lamentiamoci tutti insieme col governante di turno per il fatto di essere costantemente ignorati quando si tratta di avere, molto meno quando ci chiedono di dare.
Dobbiamo farlo per la nostra dignità e il nostro futuro … il brusío di contorno mi interessa poco.